Rispetto alla gestazione del progetto, rimandiamo all’articolo di Giovanni Di Giacomo “Il figlio e nipote di organisti di Oneglia”, apparso sulla rivista “Music@”, luglio-agosto 2011, edita dal Conservatorio “A. Casella” de L’Aquila, di cui riportiamo alcuni frammenti:
«…Finalmente, sovrintendendo l’Accademia Bruno Cagli, il Comune di Roma avvia dopo circa sessant’anni la costruzione di un nuovo, nonché triplo, auditorio la cui progettazione viene assegnata all’Arch. Renzo Piano. Delle tre sale che lo comporranno si decide di dotare quella grande di un adeguato organo a canne. È il 12 giugno 1995 quando un’apposita commissione, in una riunione preliminare, mette nero su bianco due importanti decisioni (presenti: Maurizio Cagnoni - responsabile ufficio speciale Auditorio -, Maurizio Varratta - Studio Piano -, Bruno Cagli, Giorgio Carnini, Anna Maria Romagnoli, Quintilio Palozzi, Barthélemy Formentelli e Annalisa Bini). La prima è quella di installare un organo di matrice “sinfonica”, adatto cioè al repertorio ottonovecentesco cui è destinata la Sala Grande e “nuovo” (nella stessa riunione era stata avanzata l’ipotesi di utilizzare l’organo di concezione barocca di Formentelli, originariamente pensato per la basilica Ara Coeli e poi finito, dopo lunghe traversie, nella basilica di Santa Maria degli Angeli a Roma). La seconda decisione è quella di nominare da parte dell’Accademia un’apposita commissione di consulenza tecnica per la progettazione dello strumento. Tale commissione risulta così composta:
- M° Luigi Ferdinando Tagliavini (Accademico di Santa Cecilia), presidente
- M° Giorgio Carnini
- M° Francesco Colamarino
- M° Concezio Panone
- Dott. Annalisa Bini.
Inizia dalle troppo varie personalità dei componenti la commissione, l’insorgere di ostacoli impliciti alla realizzazione dell’iniziativa.
Innanzitutto, l’ignoranza dei vertici accademici delle differenti e contrapposte scuole di pensiero organistiche e di conseguenza anche organarie, che li spinge a mettere insieme una squadra che perfino a chi ne sa solo qualcosa di organistica italiana sembra tirata a sorte.
[…] Allora, sia detto in tutta chiarezza, uno dei componenti di questa commissione (n.d.r. Giorgio Carnini), altamente qualificato in fatto di organi sinfonico-eclettici, lavorò per circa un anno, abbozzando disposizioni foniche e schede tecniche, giungendo così ad un ottimo progetto ispirato a quello del monumentale Cavaillé-Coll che a fine ottocento dovevasi edificare in San Pietro […] mentre un altro componente della commissione, notoriamente legato al repertorio antico, pensò di mettere ai voti la possibilità che la disposizione fonica venisse affidata alle ditte organarie concorrenti all’appalto (malgrado sia ben noto che, in materia di costruzione, restauro , ecc. organista, progettista e organaro costruttore devono essere figure nettamente distinte per la buona riuscita dell’opera); la votazione risultò favorevole a tale inverosimile mozione!
Della dettagliata e raffinata proposta di organo sinfonico (doppia consolle con quattro tastiere e pedaliera, 97 registri ripartiti in sei sezioni ecc. ecc.) non rimarrà che la sola, grottesca indicazione: “L’impostazione dello strumento dovrà ispirarsi prevalentemente al repertorio sinfonico e contemporaneo, e all’estetica dell’organaria francese”. Un nulla di fatto nella cronistoria della commissione di consulenza tecnica, dato che questa elementare linea guida, come si è visto, era stata formulata negli stessi minimi termini già nella storica riunione preliminare del 12 giugno 1995. Un’altra inefficienza organizzativa viene, invece, risolta con scioltezza: in prima battuta la Sala Grande, progettata architettonicamente da Renzo Piano, prevedeva una dislocazione dell’organo in corpi fonici separati e distanziati in maniera dispersiva, certamente inadeguata.
Con chiari e precisi colloqui tra Piano e un componente della commissione (esperto in organo sinfonico-eclettici che da mesi stava lavorando invano al progetto tecnico e fonico) si rivedono appositi dettagli architettonici per i quali si sarebbe visto e udito l’organo, strutturalmente compatto, ergersi dietro il palco dell’orchestra mediante la rimozione di poche file di posti.»
Tutto cambiò con l’avvento del nuovo presidente dell’Accademia: il progetto fu annullato.
Ancora Di Giacomo:
«Malgrado queste vicissitudini, si giunge, nei primi anni duemila, a un passo dal bando della gara d’appalto, quando subentra come sovrintendente dell’Accademia Luciano Berio e con questi il puntuale ripetersi della negativa “leggenda” sull’organo dell’auditorium romano. Il progetto viene bloccato con comunicazione scritta, di poche righe, ai membri della commissione […] Ecco una lista di motivi addotti da Berio, così come li riportarono giornali dell’epoca: - mancanza di fondi, - confluenza dei fondi espressamente destinati all’organo in un fondo unico pro auditorio per far fronte a spese ulteriori sopraggiunte in corso d’opera […], - spesa troppo alta per uno strumento utilizzato concretamente una manciata di volte l’anno, - inadeguatezza in sé di un organo a canne in un luogo che non sia sacro, - inadeguatezza di un organo in una sala tanto grande (2700 posti) […]»